Al mitico colle del Galibier, a 2700 metri, un obelisco ricorda l'ideatore del Tour de France. Ma non è proprio sulla vetta. Lassù non ci sarebbe spazio. è alla base degli ultimi tornanti, i più audaci, quelli che percorrono il dislivello finale come nei disegni di Mordillo. Insomma sono tornanti ripidissimi e brevi, sterzo e controsterzo.
Ciclisti multicolori li percorrono anche oggi come figurine stampate sul fianco della montagna, cui sembrano perfettamente paralleli. Sulla vetta lo spazio è molto ridotto, conteso da questi giganti delle due ruote. Una piccola pausa prima di scollinare: di qui les Hautes Alpes, di la la Savoia.
Dallo spiazzo una piccola cengia conduce ad un picco dove una tavola circolare consente di orientarsi nel mare di montagne che ci circondano. è una piccola cengia nella roccia, la percorrono a piedi ciclisti dai polpacci ancora contorti dalla fatica, escursionisti esperti, ma anche una famigliola con bambino e cane al seguito. Solo io esito ad attraversarla, i piedi inchiodati. Ho paura! Uno degli incubi notturni della mia adolescenza: trovarmi in mezzo ad una cengia su uno strapiombo senza riuscire più ad andare nè avanti nè indietro. Le mie urla disperate e le mie invocazioni di aiuto svegliavano spesso tutta la famiglia. "scusa mamma se ti ho svegliato ancora. Non lo avrei fatto se non mi fossi accorta che anche qui il terreno cede". Sentivo il suo amore senza confini, ma anche la sua pena e il desiderio di avere una figlia diversa, forse un cuor di leone come Mowgli il figlio della giungla, senza macchia e senza paura. Ma io ero piena di macchie e di paure e la notte portava alla luce quello che durante il giorno cercavo di non vedere.
Ora dico la mia paura e una mano si tende a sostenermi. Vado. I primi passi trattenendo il respiro, le gambe rigide. Da lassù cerco sulla tavola qualche nome famigliare. Guardando verso Tunisi, cioè verso casa, ecco il Monviso, e guardando verso Milano il Monte Bianco. Ci sono proprio tutti e due, divisi e uniti solo da questo cielo che più azzurro non si può.
E intorno tanti tanti monti che suggeriscono altri paesi. Chilometri di autostrade, ponti, gallerie inghiottiti nel nulla. Nulla, se non un piccolo volo nell'azzurro, ci separa da queste vette che da qui sembrano famigliari, come nelle illustrazioni di un sussidiario di altri tempi.
Ridiscendiamo e ci fermiamo al giardino del Lautaret. Un giardino alpino, a duemila metri, aperto solo nei mesi estivi. In una piccola gola di fronte ad un ghiacciaio natura e uomo uniscono gli sforzi per ricreare ambienti alpini di tutto il mondo. Credevo di trovare stelle alpine e invece la prima sorpresa è una fioritura violenta e variegata di papaveri. Scopro che il papavero nelle sue infinite varieta' è uno dei fiori tipici della zona.
Sulle rive di un ruscelletto, ecco, improvvisamente un cespuglio di mimulus. Amici fiori, che gioia incontrarvi! Non sono preparata all'allegria dei fiori di mimulus. Difficile fotografarne la vivacita'. Annuso, accarezzo, fotografo e come un ladro colgo qualche fiore. Provo ad assaggiarlo sono fiori fragili e sembrano fremere all'aria. Intorno altri cespugli, sempre molto vicini all'acqua, sempre al riparo di arbusti più alti e resistenti, assediati da nugoli di farfallette colorate.
Fra le rocce ecco rock rose, un piccolo cuscinetto dorato. Ora che lo conosco bene mi accorgo che l'ho gia' incontrato spesso in questi boschi dolcissimi dove il sole filtra tra i rami dei larici.
E poi tante tante piante gentili e multicolori. Ecco chicory, ecco willow chino sull'acqua di un laghetto sino quasi a sfiorarla e, sorpresa, ecco scleranthus. Qui, mi ha detto uno dei ragazzi che si occupano del giardino, lo chiamano berenice. Non ho ancora incontrato scleranthus in natura e per la verita' ho anche il sospetto che non sia proprio questa la varieta' scelta da Bach. questo scleranthus sia chiama infatti perennis anzichè annuus. Ma mi sembra molto simile e decido che va bene anche cosi'.
All'uscita c'è la possibilità di acquistare qualche piantina, ma dei miei prediletti vedo solo rock rose. Provo ad insistere per avere anche gli altri, ma poi lascio andare, decido di non essere chicory, di non volere a tutti i costi possedere. Ho gia' avuto abbastanza per oggi e le foto, anche senza macro, potranno restituirmi l'emozione.
è strano ma qui, forse anche a causa della mia poca dimestichezza con le lingue straniere, nessuno sembra conoscere Bach.
betta luglio 2001
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